SEO e advertising: l’incoerenza del Google Above The Fold update
“Fragilità, il tuo nome è donna”: così diceva William Shakespeare. Verrebbe da dire “coerenza, il tuo nome non è certo Google”, a seguito di quanto ieri da Google a proposito del page layout algorithm update rilasciato ieri per contrastare i siti colmi di ads e pubblicità. Come suggerisce la presenza del termine layout nel nome dell’update, la questione non è tanto “quanti”, bensì “dove” queste inserzioni vengono pubblicate in un sito, tant’è che la comunità SEO ha prontamente rinominato l’aggiornamento “Above the Fold“, letteralmente “sopra la piega”.
Nell’ottica di migliorare la user experience e a seguito di numerose lamentele degli utenti, Google ha infatti deciso di penalizzare i siti che presentano una densità di ads troppo alta rispetto al contenuto nella parte superiore della pagina, ossia nell’area grafica che i browser visualizzano senza fare uso dello scrolling. La discriminante principale sembrerebbe essere la visibilità del contenuto: è imprescindibile fare sì che nella progettazione del layout di pagina il contenuto sia visibile già dalla prima schermata e sia quindi distinguibile a una prima occhiata dalle inserzioni pubblicitarie.
Doverosa premessa: si tratta di un perfezionamento di quanto già effettuato attraverso il famoso Panda Update, che quindi non si tratta di nulla di rivoluzionario e nessuno che abbia la coscienza pulita ora deve correre strappandosi le vesti ed eliminando le inserzioni dalla propria pagina, se non fosse già stato colpito in precedenza.
Lodevole iniziativa, senza dubbio, che punta giustamente a premiare la qualità e quindi il valore informativo dei contenuti a scapito dei siti che esistono solo per racimolare denaro dalle inserzioni; meno lodevole il fatto che Matt Cutts, grande capo dello spam team di Google, non abbia rivelato quanto significhi “troppo”. Non è noto, infatti, quale sia la percentuale di spazio occupato da advertising ideale, e non è in pianificazione il rilascio di un tool tipo Google Page Speed che consenta di effettuare analisi diagnostiche sui siti web.
Un altro dubbio riguardante l’update di cui sopra è l’attitudine di Google stessa. Già tempo fa, quando commentai il not provided di Analytics e gli ads di Youtube, constatai che Google predicava molto bene ma razzolava malissimo, giustificando la mancanza di coerenza con il fatto di essere una società, un’azienda e non un ente no-profit per la salvaguardia della qualità del web. Beh, c’è da dire che non hanno certo fatto di tutto per farmi cambiare idea…un esempio? Osservate questa SERP, che evidenzia in azzurro il contenuto effettivo e in arancio le inserzioni. Notate anche voi una lieve sproporzione?
Tutto questo in una SERP che, tra poco, sarà sempre più personalizzata attraverso il famigerato Google Search Plus Your World, l’integrazione di Google Search e G+ che promette di rivoluzionare il concetto di risultato di ricerca, premiando l’attività e la presenza sul social network di Google
Che ne pensate? Commentate numerosi, mentre io, di fronte alla schermata precedente, mi immagino Matt Cutts come il dottor Bob Kelso di Scrubs, nota serie televisiva americana, che fa educatamente notare quanto la sua fornitura a vita di muffin presso il bar dell’ospedale lo renda potente. Se non lo conoscete, godetevi il filmato.
La contraddizione è in effetti sotto gli occhi di tutti, pero’ (come ha scritto anche lowlevel.it prima di me) forse l’errore vero è quello di considerare Google come una cosa “unica”, e non come un’azienda fatta da mille entità che comunicano tra di loro (spesso malamente :-D). No, meglio di no, anche se ci piace immaginare Cutts regolarmentare i destini della rete chiuso nella sua stanzetta.
Google offre servizi gratis e mi sembra anche corretto che voglia lucrarci sopra: nessuno lavora gratis. Ed i SEO hanno la tendenza a prendere troppo alla lettera i suggerimenti che arrivano, interpretando i suggerimenti come cose che vanno PER FORZA applicate. Prima noi SEO apriremo la mente, meglio sarà per tutti.
Bel post, comunque, ti invito a visitare il mio blog se ti va (scusa per l’eventuale commento ripetuto, non sono sicuro che il precedente ti sia arrivato)
Google è certo un colosso con dipartimenti ed entità indipendenti o quasi, nessuno lo discute, e tu ed Altavilla fate bene a farlo notare; tuttavia, in questo caso l’incoerenza è ancora più palese rispetto al caso di youtube. Qui stiamo parlando di una SERP, ovvero di ciò che è lo spam team stesso a dover controllare! Gli stessi che producono le linee guida, insomma.
Che Google sia un’azienda e non una no-profit è chiaro, cristallino, e l’ho più volte evidenziato. Riguardo all’applicazione delle guidelines di Google credo stia a noi applicarle o meno secondo la nostra coscienza e la nostra professionalità: tuttavia, è normale cercare di adeguarsi a quello che ti consiglia chi scrive le regole del gioco, nella consapevolezza che ciò che viene scritto non è vincolante ed è spesso scorretto (vedi il limite di 65-70 caratteri per i title, che il buon Altavilla ha sapientemente smontato).
Ti ringrazio per il commento, aspetto presto altri interessanti feedback da parte tua!